BUGGERRU: UNA STORIA DA RACCONTARE

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Buggerru (Bugerru o Bujèrru in sardo) è un comune di 1.090 abitanti della provincia di Carbonia-Iglesias.

La sua nascita, nel 1864, è legata alle vicende minerarie della Sardegna sud-occidentale.

Guardando l’evoluzione demografica del paese si può notare come, agli inizi del XX secolo, la popolazione di Buggerru fosse addirittura cinque volte quella attuale; questo perché in quegli anni la cittadina viveva il periodo più florido delle sue miniere. In quel periodo il paese veniva chiamato «petite Paris» ovvero “piccola Parigi” in quanto i dirigenti minerari che si erano trasferiti nel borgo minerario con le rispettive famiglie avevano ricreato un certo ambiente culturale. Fra questi Achille Georgiades, un greco di Costantinopoli arrivato in Sardegna nel 1903 per dirigere le miniere della Societé des mines de Malfidano di Parigi, la cui Sede operativa in Sardegna era Buggerru. C’era anche il francese Georges Perrier che gestiva un cinema; inoltre in paese vi erano anche un teatro ed un circolo riservato alla ristretta élite dei dirigenti della società francese. Dall’altra parte c’erano i minatori che lavoravano in condizioni disumane, sottopagati e costretti a turni di lavoro massacranti, spesso vittime di incidenti mortali sul lavoro; questi erano organizzati nella Federazione dei minatori. Nel 1904, a seguito dell’inasprimento del trattamento imposto dal Georgiades, i minatori si rifiutarono di lavorare e presentarono le loro istanze alla società francese; per tutta risposta questi chiamarono l’esercito che fece fuoco sugli operai uccidendone tre e ferendone molti altri. Quella domenica 4 settembre 1904 sarà ricordata come la data dell’Eccidio di Buggerru, per il quale sarà fatto il primo sciopero generale in Italia.

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CARBONIA E LA GRANDE MINIERA DI SERBARIU

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La miniera di Serbariu è una miniera di carbone non più in attività, situata presso la città di Carbonia in Sardegna. Il sito minerario, attivo dal 1937 al 1964, è stato recuperato e ristrutturato. Attualmente è sede del Museo del Carbone.
Questa miniera costituì, tra gli anni trenta e cinquanta del Novecento, una risorsa energetica per l’Italia.
Nascita e sviluppo
Negli anni 1936-1937, la Società Mineraria Carbonifera Sarda operò nel bacino carbonifero del Sulcis un’intensa campagna di sondaggi di ricerca mineraria scoprendo e delineando un esteso giacimento di carbone a sud della miniera di Sirai (attiva dal 1918) e ad ovest della zona, ove venne costruita la città di Carbonia. Città ideata e sviluppata dal fascismo in funzione della sua politica di economia autarchica,

L’area venne richiesta in concessione con la denominazione di Serbariu nel 1937, e ufficialmente ottenuta il 18 gennaio 1939 con Decreto del Ministro Segretario di Stato per le Corporazioni (Gazzetta Ufficiale n.45 del 23 febbraio 1939). Subito iniziarono i lavori di allestimento della miniera ed i primi pozzi vennero scavati. Successivamente l’originaria estensione areale venne ampliata includendo le concessioni minerarie limitrofe e raggiungendo, nello sfruttamento, la profondità di 179 metri dalla superficie topografica (103 metri al di sotto del livello del mare).

Declino
Negli anni ’50, in seguito all’ingresso dell’Italia nella CECA, con il ridimensionamento dell’intero settore minerario iniziò un periodo segnato da riassetti societari, chiusura di molti cantieri e dallo spostamento dell’attività verso il centro del bacino. Con la costruzione della nuova miniera di Seruci, si assistette ad un progressivo smantellamento del bacino carbonifero con una tendenza all’esodo.

Nel decennio 1947-57 il numero delle maestranze passò da 14.000 a 5.000 unità. È questo il periodo delle lotte e degli scioperi per la conservazione del posto di lavoro. Nel 1948 ebbe luogo uno fra i più lunghi scioperi della storia italiana: durò ben 72 giorni. La drastica riduzione dell’attività mineraria in una provincia basata sulla monoeconomia carbonifera fu la causa di una vasta emigrazione dall’ area. Nel 1965 i restanti minatori furono assunti dall’Enel, la concessione mineraria venne rinunciata ed i beni immobili passarono alla Regione Sarda, e poi da questa furono rivenduti alla MCS.

La chiusura

La miniera di Serbariu venne chiusa ufficialmente nel 1971. Da allora gli impianti furono soggetti ad un rapido deterioramento e spoliazioni che condussero alla rovina edifici e macchinari. I fabbricati abbandonati divennero sede di attività artigianali irregolari e discariche abusive e furono occupati da famiglie di senzatetto, accelerandone il degrado.

L’amministrazione comunale intervenne per acquisire il patrimonio immobiliare della ex miniera e per impedire lo smantellamento dei castelli minerari destinati alla rottamazione, fino a concludere l’acquisto del sito nel 1991. Da quella data sono stati elaborati diversi progetti di recupero e di riapertura al pubblico fino al 2002, anno di nascita ufficiale del primo cantiere per il restauro della lampisteria.

I lavori si sono protratti fino al mese di Ottobre 2006. Oggi il sito minerario è stato recuperato e riconvertito in Museo del Carbone, inaugurato il 3 novembre 2006; sono visitabili le principali strutture minerarie, quali la lampisteria, la sala argani e una galleria sotterranea.


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[ Foto scattate presso Grande Miniera di Serbariu ]